La mano che cura by Lina María Parra Ochoa

La mano che cura by Lina María Parra Ochoa

autore:Lina María Parra Ochoa [Parra Ochoa,Lina María]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Feltrinelli Editore
pubblicato: 2024-04-09T00:00:00+00:00


11.

Soledad arrivava quasi sempre dieci minuti prima per essere tra i primi a entrare in aula e potersi sedere dove le piaceva, al posto in fondo accanto alla finestra. Il più lontano dal professore. Quel giorno i capelli bagnati le si attaccavano alla nuca e le facevano venire i brividi.

Era uscita tardi di casa e, quasi correndo, aveva potuto raggiungere l’autobus che la portava in centro. Non ce l’aveva fatta ad asciugarsi i capelli né a prendere un maglione o un ombrello e l’acqua che le scorreva lentamente sulla schiena sotto forma di gocce le faceva battere i denti. Era arrivata però in tempo per sedersi al suo posto. Aveva lasciato la borsa di pelle sulla sedia di fronte, dove aveva appoggiato anche i piedi, ed era rimasta a guardare dalla finestra mentre i compagni di classe entravano nell’aula.

Quel giorno il cielo era coperto e Soledad implorò che non iniziasse a piovere prima che lei potesse tornare a casa. Non voleva bagnarsi né dover sopportare il freddo per il resto della giornata in quelle aule grandi e vetuste in cui la temperatura esterna sembrava accentuarsi. In quel momento l’aula le sembrava gelata, anche se stava iniziando a riempirsi di gente, di voci, di movimenti di valigette, di quaderni, di libri, di sedie, di scarpe.

Soledad stava guardando fuori e così non si accorse di quando quasi tutti i posti furono occupati. Riuscì però a individuare facilmente le sue tre compagne di corso. Quattro donne in un mare di uomini, tutti studenti di Ingegneria elettronica. Lei non riusciva ancora a capire che cosa l’avesse portata a scegliere quel corso di laurea, ma avvertiva la stessa convinzione ostinata che l’aveva spinta fin da piccola a fare qualunque cosa le dicessero che non poteva fare.

Quel giorno Soledad si era risvegliata da un brutto sogno, un incubo che non riusciva a ricordare, ma che le aveva lasciato in bocca la secchezza che avvertiva tutte le volte che stava per succedere qualcosa di inconsueto. E aveva poi capito, mentre correva in discesa per cercare di raggiungere il primo autobus del suo lungo tragitto, che i capelli bagnati e il ritardo erano soltanto l’inizio. Quando il professore entrò in aula seppe, come sapeva tutte le cose importanti, senza capire come, che il problema sarebbe stato lui.

Fin dal primo giorno di lezione quel professore avanzava lungo i corridoi stretti fra i banchi parlando di ingegneria, di elettronica, delle future possibilità di lavoro, dei segreti tecnologici che sarebbero stati rivelati ai più forti, a coloro che sarebbero riusciti a superare quel primo anno che, in realtà, era un imbuto per scartare gli incapaci.

“Molti di voi,” aveva detto con il tono di aver ripetuto quel discorso fino alla nausea, “a novembre non saranno qui.” E a quel punto aveva guardato Soledad per un secondo in più rispetto al resto degli studenti. Lei e le sue tre compagne, che erano sedute vicine e si cercavano l’una con l’altra inconsciamente in quel mare di occhi che le fissavano come estranee.

Soledad aveva fatto



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